A Dio piacendo

A Dio piacendo
di don Angelo Riva
tratto da Il Settimanale della Diocesi di Como

Ciao. Don Titino. Questo numero del “tuo” Settimanale lo leggerai  dal cielo. Non al giovedì pomeriggio, come eri solito fare, spulciandolo da cima a fondo e annotando a penna ciò che non andava bene, per tirare le orecchie al direttore. Con te se ne va un pezzo della Chiesa di Como. li Settimanale perde il suo Presidente, la parrocchia di Prestino il suo fondatore, quella di san Giuliano una presenza di saggezza, gli Scout un padre. Io, personalmente, un fratello maggiore, un maestro, un testimone.

Ricordo il nostro primo incontro. Era un giorno di giugno del 2001, io cessavo dalle funzioni di vice-rettore del Seminario e venivo a Prestino come collaboratore. Mi accogliesti come tuo solito, con garbo e cordialità, ma anche con un pizzico di ben celato fastidio. Davvero sono così vecchio — sembrava che che tu pensassi — che il vescovo Maggiolini si sente in dovere di mandarmi un “badante”? Non avevi poi tutti i torti. Perché se il fisico già un po’ cigolava sotto il peso degli anni, la testa era ancora lucida, arguta e vivacissima, e  così si sarebbe mantenuta fino all’altra sera. E poi l’età veneranda, anziché assopire, aveva se possibile ancor più raffinato la tua dote migliore: quella — avrebbe detto don Bosco — non solo di voler bene alle persone, ma anche di farglielo sentire. Le scavavi negli occhi, tu, le persone, le perforavi con lo sguardo. Afferravi loro la mano, serrandola in una stretta a metà fra la carezza e una messa in sicurezza. Spesso reclinavi il capo sulla spalla di chi avevi davanti, quasi a implorare che costui, o costei, non si sottraesse a quel capolavoro di Dio che avrebbe potuto diventare. Burbero e dolcissimo, ruvida scorza e abisso di tenerezza. Quando strigliavi andavi giù pesante (“ta sé un foughin”, ti diceva la tua mamma: sei un fuochino che si attizza in fretta), ma nessuno veniva via da te senza portarsi appresso questa consolazione: ”Ha proprio voglia di occuparsi di me”.

Avevi un carisma innato di educatore. Un Intagliatore di personalità, un cesellatore di coscienze. In una parola: un padre. Al tuo funerale non c’era una folla di conoscenti, ma di figli, di tutte le età. Con buone ragioni la città di Como ti ha insignito dell’Abbondino d’oro per meriti educativi. Con la gente — dicevi – bisogna starci, come il buon pastore. “Essere ed esserci”.  E con i ragazzi scout “fare la loro stessa vita”, se vuoi provare ad essere significativo ai loro occhi.

Vedevi alto: per te solo il Magistero del Papa era davvero interessante (con papa Francesco, poi, c’era una sintonia a pelle”), il resto erano più o meno chiacchiere e frattaglie (anche teologiche). Vedevi lontano: l’opportunità straordinaria di stare nella scuola come insegnante di religione (25 anni di onorato servizio al Caio Plinio e una legione di ex-allievi affascinati e riconoscenti); l’importanza dei mezzi di comunicazione sociale (la fondazione del Settimanale); una parrocchia nuova di zecca, nella periferia dei nuovi insediamenti abitativi, da plasmare sul modello del Concilio Vaticano Il, in simbiosi feconda con il movimento scout; il rinnovamento della liturgia (per es. la centralità del Triduo pasquale, quando in molti posti si faceva ancora il funerale del Cristo morto).

In fondo era già un po’ tutto scritto nelle tue radici biografiche. Il solido granito della Valle Spluga, Il guizzare fresco e fantasioso della Rabbiosa — il torrente di Fraciscio —, la verticalità del Pino Stella, i paesaggi liberi e fieri della Val Codera. La santità dei Guanella, la veneranda canizie dell’arciprete Bormetti di Chiavenna, gli infiniti rosari del prevosto Ballerini di Campodolcino. E poi la misericordia della Madonna di Gallivaggio sulle umane misene. La concretezza dei montanari, un padre uomo d’onore e di parola, la tenerezza umile e tenace di una madre. C’era già li, lo spartito di tutta una vita.

Le nostre lunghe conversazioni a tavola (eri un ottimo cuoco, e non mancavi di sottolineare la mia solenne imbranatura al riguardo) le facevi diventare una poesia sulla vita. Per te era pressochè inconcepibile che un prete – con il Signore da una parte, e la gente dall’altra — potesse avere una crisi di identità, o di vocazione. Poi le vicissitudini della vita mi hanno messo fra le mani due dei tuoi gioielli piú preziosi: lo scautismo e il Settimanale. Vedrò di non rovinarteli.  Il terzo gioiello, la parrocchia di Prestino, lo portavi nel cuore, poiché l’avevi partorita come una madre porta in grembo il frutto dei suo
amore (“vous avez une attitude presque matèrnelle”, ebbe un giorno a dirti un abate francese incontrato nella route estiva). Così il 6 gennaio, nel giorno del suo 50° compleanno, con la presenza del Vescovo, hai pensato bene di farti presente di persona, nella tua parrocchia — vero colpo di teatro. Morto. ma più vivo che mai.

“A Dio piacendo”. Eri solito siglare cosi ogni appuntamento che ci si dava, ogni programma o scadenza prevista per Il futuro. “Allora, don, ci vediamo domani sera”… “A Dio piacendo!”. Stavolta a Dio è piaciuto averti tutto per Sé. Per sempre.

don Angelo Riva